20 febbraio 2016

Morte e resurrezione

A meno che non si tratti di una one-shot, ogni giocatore quando affronta una campagna deve mettere in conto che, come un avventuriero, il proprio personaggio rischia quasi costantemente la vita e a  ogni scontro mette in gioco la propria sopravvivenza.

Lo spunto per queste considerazioni è nato in una recente sessione di gioco, con un altro gruppo, quando un personaggio del party è morto sotto i colpi di allucinazione mortale, fallendo i due canonici TS.

Facciamo una piccola premessa: a nessuno piace morire, né in game né tantomeno out of game. A differenza di quello reale, il mondo di D&D prevede di ovviare morte principalmente grazie a due incantesimi: resurrezione e resurrezione pura.

A questo punto sorge un dubbio: per un PG ha senso veramente risorgere?

Due volontà in gioco

Credo che la morte di un PG, del proprio PG, sia sempre un evento traumatico salvo le dovute eccezioni come l'immolazione sull'altare di un bene superiore o per particolari esigenze di trama.

In generale a nessun giocatore piace che il proprio PG sia ucciso.
Ed è qui che incominciano i problemi: a nessun giocatore piace che il proprio personaggio giocante muoia.

Quindi si ha lo scontro tra due volontà: da una parte il giocatore e dall'altra il personaggio giocante.

Il giocatore

Molto più distaccato del proprio personaggio per quello che è accaduto, il giocatore potrebbe fare alcune considerazioni per esser contrario alla resurrezione.

Supponiamo che il party sia a un livello intermedio: né sufficientemente alto per cui il chierico può fare resurrezione pura, né così basso per cui resurrezione non sia così irraggiungibile pagando o commissionandolo al chierico del gruppo.

Qualora tutti i personaggi giocanti abbiano anche lo stesso livello, la tentazione di abbandonare il "caro estinto" per passare ad altri lidi è molto grande. In fondo, perché perdere un livello per dei tiri salvezza sfortunati o per delle circostanze sfavorevoli? Può sembrare un cinico calcolo da power player, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra...

Ancora: essendo libero da qualsiasi costrizione, se non quelle dettate dalle regole di creazione, il giocatore potrebbe abbandonare il PG a sé stesso in favore di un'altro, più potente, più ottimizzato, più efficace e magari anche meglio inserito nel party.

Le uniche motivazioni per cui un giocatore potrebbe volere che il PG ritorni alla vita sono puramente sentimentali: è primo personaggio oppure si è arrivati a una soglia tale che non si è disposti a farlo riunire alla propria divinità

In ogni caso, il giocatore ha ben poche motivazioni per continuare a rimettere assieme una linea che si è spezzata.

Il personaggio giocante

Dall'altra parte, invece, c'è la volontà del PG e sin da subito le motivazioni reali sono abbastanza scarse.

Innanzi tutto il trauma. La morte dovrebbe essere uno degli eventi più sconvolgenti nell'esperienza di un personaggio giocante. Di fatto è l'eliminazione fisica, l'annullamento del proprio essere materiale, mentre lo spirito si dirige verso la propria divinità.

Si presuppone che di fronte alla propria divinità, il PG non faccia una semplice visita di cortesia, ma ci sia un processo esistenziale ben più complesso del classico "mi unisco alla divinità e all'universo", come ad esempio un bilancio della propria vita e delle proprie azioni.

Qualora il PG non abbia alcuna divinità di riferimento, allora c'è ben poco da aggiungere: la propria essenza si perderebbe per sempre nell'infinito.

Cerchiamo di immergerci per un momento in questa situazione: si è stati uccisi in maniera traumatica (raramente i PG muoiono di vecchiaia), magari dopo una serie di peripezie sfiancanti; ci si è staccati dal corpo e la propria anima è stata proiettata innanzi a un essere assoluto, immortale il cui potere è immenso. Non solo, si fa anche un bilancio della propria esistenza, riconsiderando fatti molto piacevoli, ma anche molto spiacevoli.

Alla fine di questo processo si deve arrivare a un bilancio: tornare indietro perché i tuoi compagni stanno investendo tempo e denaro per l'incantesimo oppure fondersi con l'essere assoluto e trovare la pace completa dopo così tante fatiche?

Conclusioni

Credo che la resurrezione, la resurrezione pura et similia non dovrebbero esser incantesimi equiparabili a tutti gli altri, Innanzi tutto dovrebbero essere dei rituali, quindi incantesimi complessi, costosi e relativamente rari.

Un giocatore smaliziato, arrivato a un livello di potere e di ricchezze sufficienti potrebbe considerarli così semplici e comuni da disinteressarsi della morte. Ma questo non è GDR, è un videogame: inserisci il gettone per un'altra partita.

Al contrario, una volta deceduto, il giocatore dovrebbe riflettere non solo sugli obiettivi, il passato e la psiche del proprio personaggio, ma anche sulla dinamica della morte e dovrebbe chiedersi: esistono veramente delle motivazioni reali per risorgere? Ci sono vincoli forti che spingerebbero il PG a tornare nel mondo? Il mio PG lo vorrebbe veramente con tutte le sue forze? Questa esperienza come cambierà l'atteggiamento del mio PG una volta tornato nel  mondo?

Non sono domande da poco, esse richiedono una riflessione attenta, essendo consci che una volta ritornato in vita il PG sicuramente non sarà più come prima.

2 commenti:

  1. Sono d'accordo, anche se capisco la situazione del giocatore. Ebbene sì è capitato anche a medi perdere dei personaggi e credo che l'aspetto più "doloroso" nel perdere un personaggio non siano tanto le ottimizzazioni di abilità, talenti ed incantesimi. Quelli sono frutto di analisi oggettive e quindi facili da replicare o migliorare.
    Quello che è veramente insostituibile nella vita di un personaggio è il bagaglio di ricordi a cui è legata la sua vita e le sessioni di gioco è questa la vera perdita.
    Premesso questo sono d'accordo che non si tratta di un videogioco l'uso della resurrezione debba essere limitato ai soli casi in cui la storia e non i tiri del dado lo rendano possibile.

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  2. Per come è facile essere uccisi fin dalle prime campagne, mi sembra bilanciato poter essere resuscitati ad un certo livello della propria carriera da avventuriero ... Non capisco il perché di questo dubbio ...

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